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Era la domanda con cui il prof. Kranz tedesco di Germania (tedesco guarda caso), frutto della fantasia di Paolo villaggio e Gianni boncompagni, oltre quarant’anni fa iniziava un famosissimo sketch. Oggi siamo di nuovo a porsi questa domanda per ben più altri intendimenti.

" Anche a me sovente sale dal petto un impeto contro di lui al pensiero della rovina a cui ha portato l'Italia e della corruttela profonda che lascia nella vita pubblica [...] Ma pure talvolta rifletto che ben potrà darsi il caso che gli storici revisionisti un giorno forse troveranno anche il modo d'esaltarlo. […] incapace di autocritica al pari che di scrupoli di coscienza, vanitosissimo, privo di ogni gusto in ogni sua parola o gesto, sempre tra il pacchiano e l'arrogante. Chiamato a rispondere del danno e dell'onta in cui ha gettato l'Italia, con le sue parole e la sua azione e con tutte le sue arti di sopraffazione e di corruzione, potrebbe rispondere agli italiani come quello sciagurato capopopolo di Firenze, di cui ci parla Giovanni Villani, il quale così rispose ai suoi compagni di esilio che gli rinfacciavano di averli condotti al disastro di Montaperti: "E voi perché mi avete creduto?".  Il problema che solo è degno d’indagine e di meditazione non riguarda la personalità di lui, che è nulla, ma la storia italiana ed europea nella quale il corso delle idee e dei sentimenti ha messo capo alla fortuna di uomini siffatti.

patacca1Questo brano desunto, con qualche taglio onde evitarne particolari di scarso interesse in questa sede, dai “Taccuini” di Benedetto Croce, ha evidentemente, per essere stato scritto nel l943, un facilmente individuabile reo cui rivolgersi così come, per una molto superficiale similitudine (della quale in molti sulla rete hanno voluto riempirsi pagine e bocca, senza cogliere il vero monito), una sorta di alter ego contemporaneo. La recenza degli accadimenti di fatto sembra indurre  tutti a rivolgere l’attenzione sulle mancate qualità di chi oggi paga, meritato o meno, il conto che il potere talvolta, quando cade, presenta, offrendo così quel pubblico linciaggio che sempre accompagna i potenti in disgrazia, privandoli alfine della shakespeariana libbra di carne. Ancora una volta la fine di un altro Cesare, anch’egli  “tradito” all’ultimo istante da quei fedeli che, vista la mala parata, hanno, per un miracoloso rinsavimento, estratto dalla toga quel pugnale che per primo Bruto ebbe ad impugnare. Così va l’attualità che tra un cinquantennio sarà storia ed un altro capopolo finisce nella polvere.

patacca2E sì che durante questi anni di accusatori non ne sono mancati  né di pubbliche arringhe, né di movimenti popolari. E nemmeno di nuovi imbonitori, redivivi Meo Patacca che si sono accerchiati di folle certamente più evolute - almeno si dice - che non quella da lui colpita con parole infuocate  a Campo Vaccino dove: “Si ferma e dice: Questo il Campidoglio / Sia per me adesso, io qui parlà ve voglio. / Un mangoso 1 di sgherri, ma ghinaldi, / Di quei, che stesi n'han più d'uno al sole, / Che non voltano faccia, e stanno saldi, / Ritrovi ognun di voi, prima che puole; / Menateli da me, ma caldi caldi , / E ci vogliono fatti, e non parole; / Spero ricapezzarne io ducent'altri / De i più forzuti, ammazzatori, e scaltri. / Di voi, lo sò, che molti mi diranno, / Che famo cose da spropositati, / Perché i Turchi pentì poi ci faranno, / D'essere in campo a stuzzicarli andati: / Risponno, che ci sono, e ci saranno, / Contro quei cani là bravi soldati, / Per aiutarci, e si vedrà, chi sballa, / Se 'sta gente guerriera a noi fa spalla. / Su via, coraggio, a che si stà più a bada? / Annamo uniti annamo a dà soccorso / All'augusta Città, prima che cada, / Troppo è ciafèo , chi più ritarda el corzo; / In busca  de' compagni ohmai si vada.» / Ma intanto gli rompette el su' discorzo / La turba, ch'in star zitta assai pativa: / Evviva, disse, Meo Patacca, evviva”..”

 Altri tempi erano quelli quando si trattava di organizzarsi contro una ipotetica invasione dei Turchi che, a metà del ‘600, se fossero riusciti ad espugnare Vienna che stavano tenendo sotto assedio, ben presto sarebbero potuti giunger sino a Roma.  E poi il nemico era straniero, tutto dunque molto più facile. Anzi, il nemico straniero aveva fatto dimenticare le difficoltà interne, le condizioni cui il governo papalino lasciava  e curava il popolino romano. Ma se Meo Patacca è frutto dell’ingegno, è personaggio di teatro, che dire invece di un Masaniello che intese ribellarsi allo Stato borbone che governava Napoli proprio in quegli anni? La fine fu quella dell’omicidio - di Stato si disse - ma forse più probabilmente semplice opera di amici  (emuli del Bruto romano) attratti più dal tornaconto per i premi, che regolarmente ricevettero, superiori ai cinquecento scudi che al tempo, senza spread e BCE avevan ben altro valore. patacca3Così, quasi per beffa estrema a Masaniello fu concesso prima dell’esecuzione, di parlare al suo popolo, a coloro che lo avevano fatto re prima di venderlo per i soliti trenta talenti, nella certezza da parte delle autorità che quanti erano lì presenti, non un dito avrebbero alzato. E fu proprio a loro, con ironia tutta popolana ch’egli si rivolse: “Amice miei, popolo mio, gente: vuie ve credite ca io sò pazzo e forze avite raggione vuie: io sò pazze overamente. Ma nunn'è colpa da mia, so state lloro che m'hanno fatto'ascì afforza n'fantasia! Io ve vulevo sulamente bbene e forze sarrà chesta 'a pazzaria ca tengo 'ncapa. Vuie primme eravate munnezza e mò site libbere. Io v'aggio fatto libbere. Ma quanto pò durà sta libbertà? Nu juorno?! Duie juorne?! E già pecché po' ve vene 'o suonno e ve jate tutte quante 'a cuccà. E facite bbuone: nun se pò campà tutta a vita cu na scuppetta 'mmano. Facite comm'a Masaniello: ascite pazze, redite e vuttateve 'nterra, ca site pat' 'e figlie. Ma si ve vulite tenere 'alibbertà, nun v'addurmite! Nun pusate ll'arme! 'O vedite? A me m'hanno avvelenate e mò me vonno pure accidere. E ci 'hanno raggione lloro quanno diceno ca nu pisciavinnolo nun pò addeventà generalissimo d'a pupulazione a nu mumento a n'ato.”.

E se Meo Patacca era per certo uno “sgherro” ovvero uno di quei personaggi che per campare vivevano al limite, anzi spesso, oltrepassandolo, della legge, che cercava in quell’impeto di orgoglio quasi una sorta di riscatto per una vita ricca solo di miseria,  Masaniello era un povero pescatore figlio della fatica e degli stenti. E se gli intenti di Meo erano quasi infarciti di uno spirito che vedeva lontano, a confini ed integrità europee che se infrante avrebbero tutti coinvolto,  quasi i turchi fossero una prova generale degli attacchi  all’Euro, Masaniello combatté non tanto come certa storiografia vorrebbe far intendere, per una visione pre-risorgimentale verso un’italianità che era ben lontana, quanto, molto più praticamente, contro l’esosità delle gabelle governative, invero molto più attuale come motivazione. E l’ironia, tutt’altro che velata, rivolta ai suoi concittadini, mi sembra, che anch’essa valichi i confini della storia e sia ben confacente anche alla contemporaneità: “ … Ma quanto pò durà sta libbertà? Nu juorno?! Duie juorne?! E già pecché po' ve vene 'o suonno e ve jate tutte quante 'a cuccà. E facite bbuone: nun se pò campà tutta a vita cu na scuppetta 'mmano…”. A buon intenditor…..


Benedetto Croce stesso, nella concitazione dell’intento volutamente diffamatorio (ricordo a tal proposito che dopo un iniziale buon accoglimento del fascismo, Croce ruppe con tali politiche sin dal 1924, quindi in periodo che non può far trasparire tardivi voltafaccia), ci elargisce invece una affermazione che diviene il vero monito del pamphlet, la via forse da seguire per terminare il perpetuarsi storico  e ciclico di situazioni nelle quali quello che molti hanno indicato, anche qui con facile quanto grossolana mancanza di discernimento, come destino del “popolo italiota” siamo ancora una volta andati incontro: “…al pensiero della rovina a cui ha portato l'Italia e della corruttela profonda che lascia nella vita pubblica…”.  patacca4Corruttela che ancora una volta, qualcuno era venuto con l’intento di far cessare  e che invece, ancora una volta, perpetua la regola del privilegio. Occorre dunque decidere. Prima cosa se l’italiano è popolo “italiota”. Poi occorre comprendere che  per quanto siano invisi, certi personaggi non possono agire senza connivenze estese e che pertanto non sono soli ma proliferano e crescono nella cosiddetta vita pubblica, unitamente a coloro che sono rimasti,  complici nell’aver mantenuto intatto il privilegio e che oggi gridano all’untore  (con quegli stessi gesti, ieri acclamati dalla piazza, che venivano invece rinfacciati come gratuite arroganze a chi è caduto, per un naturale passaggio del testimone) come se fossero meno “colpevoli”, come se fossero estranei al meccanismo, come se fossero tutti novelli Masanielli.  E poi coloro che verranno. Ripescati, così come in Grecia due giorni orsono, dal solito cilindro, con la scusa della necessità del “tecnico esperto”. Ma quali ricette potranno mai darci se fino ad oggi hanno promosso e caldeggiato quei meccanismi che tutti additano come perversi e perniciosi? 

Ma questo ancora non ci sgrava dall’accusa dell’italioticità!  Siamo quel popolo che Meo Patacca può facilmente illudere? Siamo quel popolo che si rivolta, come ebbe mestamente a rinfacciare Masaniello ai suoi, solo in orario di ufficio? Siamo quel popolo? Siamo quel popolo che preferisce avere una “casta da additare” che rimboccarsi le maniche per darsi un nuovo assetto sociale? Vedremo. Parleranno al solito i fatti e poi? I giornali si riempiranno, così come la rete, le televisioni, i social network, i blogs, di nuovi mostri da combattere, di nuovi capopolo sui quali scatenare lo spirito anche vigliacco di chi preferisce avere un tiranno sul quale scaricare la propria incapacità? Oppure siamo un popolo deciso a cogliere l’occasione ed a perseguire la strada di una convivenza sociale che sia etica e sostenibile, per la quale  necessita fatica,  senso di responsabilità ma, soprattutto, esempio da dare con il proprio personale comportamento perché la ricetta è semplice in fondo: come pretendere dagli altri ciò che per primi non si ha voglia di fare?

 

 

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