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A nulla valsero le dichiarazioni rese alle soglie del debutto, quando Marshall prese le distanze dai temi della rivisitazione di “8½”; non ci hanno creduto nemmeno negli Stati Uniti dove tuonarono “…Oscar, Tony and Grammy winners fail to turn the Rob Marshall musical…”, ovvero: quanto spreco per niente.

L’ispirazione

L’ispirazione è l’aspetto di “Nine”, film di Rob Marshall del 2009, uscito in Italia nel 2010, sul quale si è aperto il dibattito più acceso.

Un omonimo musical era andato in scena a Broadway e poi in tutto il mondo, divenendo tramite tra la odierna messa in scena e l’origine costituita dal capolavoro di Federico Fellini, “8½”. Pesante eredità. Difficile impresa che ha diviso pubblico e critica decretandone un mezzo successo ed un mezzo fallimento, nonostante l’impiego, anche autorevolmente efficace, di figure femminili del calibro di Judi Dench, Marion Cotillard, Nicole Kidman, Penelope Cruz, Sophia Loren, Kate Hudson, e l’interpretazione nondimeno intensa di Daniel Day-Lewis, nei panni di Guido, regista in crisi con la propria vita.

Il film

Il film trae origine da una crisi dovuta all’età che si manifesta in carenza di stimoli e di idee, nell’incapacità di riuscire ancora a sognare. Questa crisi individuale che dovrebbe nel tourbillon dello spettacolo sublimarsi, sembra invece chiudersi in sé, restando come imprigionata nelle inquietudini del personaggio che non cede né concede allo spettacolo la possibilità di trasportare ogni emozione personale in una dimensione di sogno, come Fellini aveva insegnato. E sotto questo profilo a nulla valgono le singole interpretazioni né le coreografie che anzi, marcatamente denunciano le differenze con il mondo di Fellini. Il clima americano sembra eccessivamente incidere, lasciando all’italianità dell’ispirazione solo una partecipazione condotta per stereotipi e luoghi comuni, come le canzoni del musical che, pur essendo tesori della tradizione canora risultano nel contesto di paillettes e decolletés

estranei e lontani richiami. Difficile intravedere nel film un’autonomia d’intenti che possa scaricarlo del fardello di tanta ispirazione. E ciò crea un ulteriore senso di disagio perché risulta ancora più evidente il fatto che senza il legame, senza l’inevitabile emulazione, non avrebbe significato. Quel “mezzo punto in più” del titolo “9” che vorrebbe indurci a pensare che il sogno con il tempo si è trasformato, modificato e plasmato con nuovi modi di sentire e di sognare, suona invece come un vuoto contenitore. Ed anche in questo stupisce la regia di Marshall, non nuovo al genere e che anzi, nel suo precedente musical “Chicago” aveva ben centrato tema, dinamica e scopi. Da italiani non resta che la speranza che Sophia Loren, prima di chiudere la carriera, voglia regalarci qualcosa di più confacente al suo spessore di attrice e non solo una presenza relegata al ruolo di "richiamo".

poster del film "Nine"
Tag(s) : #Cinema e Documentari
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